WikiHoreca.com – Il lievito di birra è costituito da colture selezionate di Saccharomyces cerevisiae, una tipologia di fungo che grazie al suo metabolismo dà origine a enzimi capaci di produrre fenomeni fermentativi. Il lievito di birra viene chiamato così perché in passato si usavano depositi di lievito residuati nelle fermentazioni dei mosti di birra. Oggi è comunemente conosciuto con questo nome oppure come lievito per panificazione, “addomesticato” da migliaia di anni per la produzione di vino, pane e birra. Si prepara utilizzando per lo più melasso diluito come fonte di zuccheri.
Saccharomyces cerevisiae si riproduce in colonie attraverso un processo di gemmazione. Le cellule del lievito vengono coltivate su un substrato di malto, all’interno di appositi fermentatori dove si moltiplicano migliaia di volte. Alla fine di tale processo, le cellule vengono separate dal substrato nutritizio, lavate ed essiccate ad una temperatura non superiore ai 40°C.
È probabilmente il lievito più importante nell’ambito dell’alimentazione umana e il suo utilizzo è noto fin dall’antichità per la panificazione, la vinificazione e la produzione di birra.
Questo alimento venne scoperto per la prima volta verso il 1500 a.C., quando presso le popolazioni dell’Antico Egitto si andò perfezionando la tecnica di produzione del pane. La storia del lievito di birra e gli studi ad esso dedicati hanno tuttavia attraversato le epoche fino ai giorni nostri. Basti pensare infatti che le importanti scoperte fatte dal biologo giapponese Yoshinori Ohsumi nel campo dell’autofagia cellulare, che gli sono valse il premio Nobel nel 2016, e hanno alla base esperimenti condotti proprio su questo lievito.
Lievito di birra e vino
Nonostante il vino sia stato prodotto in modo industriale sin dall’antichità, l’associazione tra il lievito e la produzione di vino si deve agli studi di Louis Pasteur e Cagnard Latour, condotti a fine ottocento. Il lievito ha un metabolismo molto particolare: in presenza di elevate concentrazioni di zucchero assume un metabolismo di tipo anaerobico e segue la via fermentativa piuttosto che la respirazione (metabolismo aerobico) anche in presenza di ossigeno; questo fenomeno è stato studiato da Luis Pasteur ed assume il nome di effetto Pasteur.
Questo tipo di metabolismo è fondamentale perché la respirazione porterebbe solo a CO2, mentre l’utilizzo della via metabolica fermentativa consente di produrre etanolo, una molecola che a concentrazioni superiori al 4% inibisce la crescita della maggior parte degli altri funghi e batteri. In natura il lievito Saccharomyces cerevisiae è l’organismo che produce e resiste alle più alte concentrazioni di etanolo, fino al 16%. Ceppi diversi hanno diverse tolleranze a elevate concentrazioni di zucchero e di etanolo.
Nella vinificazione è in genere utilizzato il Saccharomyces cerevisiae per le fermentazioni dei mosti normali ed il Saccharomyces bayanus per le fermentazioni di mosti ad alto contenuto zuccherino o per la presa di spuma.